parmaxnoi.com
Approfondimenti

Storia di Parma

Pillole di storia

Parma: le origini

"La pianura padana si apriva ai conquistatori, promessa di abbondanti messe e biade. Bisognava piantarci il piede. Ci pensò il console Marco Emilio Lepido promuovendo nel 187 avanti Cristo la costruzione della strada che unisce Rimini a Piacenza. La via Emilia fu presto disseminata di accampamenti, posti a distanza di una giornata di marcia l'uno dall'altro: Piacenza, Fidenza, Parma, Reggio, Modena, e via. Come anche oggi attorno ad un accampamento militare accorre gente, rivenditori di generi diversi, trafficanti, donne, così anche allora attorno ad esso vengono contadini a recare latte e formaggi, pastori che portano carne, polli, lana. Si costituisce pian piano la nostra città, Parma, dal nome di un piccolo scudo rotondo in dotazione ai soldati con armamento leggero, che si chiamava, appunto, parma".

Parma da Ducato a provincia italiana

"Il 5 ottobre 1859 viene giustiziato a furor di popolo il colonnello conte Luigi Anviti, crudele poliziotto, facile alla frusta, alle angherie, alle prepotenze, alla violenza, alle torture. I parmigiani lo conoscevano bene, e lo odiavano. Al partire della duchessa Maria Luigia d'Austria era stato tra i primi a tagliare la corda. Per alcuni mesi era vissuto nella clandestinità, forse a Bologna; poi, convinto che tutto fosse finito e dimenticato, il nostro conte monta sul treno per tornarsene a casa, a Piacenza. In treno, però, viene riconosciuto e fatto scendere a Parma. Qui i carabinieri lo sottraggono alle ire dei primi cittadini accorsi e lo custodiscono in caserma. Ma la voce che Anviti è a Parma corre per i borghi e per le strade. Gente si raduna sempre più numerosa e sempre più minacciosa davanti alla caserma dei Carabinieri, che infine cede all'assalto. Anviti cade nelle mani dei cittadini urlanti che ne fanno strazio.

Il poeta Renzo Pezzani in una poesia in dialetto rievoca efficacemente il brutale fatto di sangue che ci fu rimproverato da tutti, dal D'Azeglio, dal Farini, dagli inglesi, dai francesi. Eppure anche questo "misfatto orribile", come ebbe a definirlo il Farini, contribuì a convincere Napoleone III, ancora incerto se accettare o no l'ingrandimento del Piemonte all'Emilia Romagna e alla Toscana, che una restaurazione degli antichi principi avrebbe incontrato una forte resistenza nelle popolazioni che ormai avevano fatto le loro scelte. Il Cavour fu abile a forzare i tempi e fece indire dai dittatori i plebisciti in Emilia Romagna ed in Toscana. L'11 marzo 1860 questo plebiscito dà in Emilia e Romagna un risultato inequivocabile: 426.000 voti per l'annessione al Piemonte; 756 voti contrari. Il 18 marzo 1860 il risultato della votazione popolare viene presentato al re Vittorio Emanuele II che lo accetta. Parma diventa finalmente una provincia d'Italia".

I X secolo e le prime lauree dell'Università degli Studi di Parma

"Fin dall'alto medioevo Parma ha posseduto un centro di studi superiori. Un luogo in cui era possibile conseguire titoli validi dopo avere frequentato corsi di lezioni e superato vari esami. Oggi si chiama Università. In quei tempi aveva altri nomi: prima Scuola, poi Studio. Cambiano gli epiteti ma lo scopo resta invariato: preparare i giovani alla scienza e alla vita, insegnandogli a svolgere un'attività. Il centro di studi superiori, per essere tale, deve conferire degli attestati che abbiano un riconoscimento pubblico. La Scuola di Parma questa legittimazione la conquistò nel 962, anno in cui l'imperatore Ottone I rilasciò al Vescovo Uberto il diploma che gli attribuiva il diritto di eligere, cioè selezionare attraverso esami, e ordinare, cioè iscrivere all'ordine, i notai, coloro che svolgevano le svariate attività di carattere legale allora esistenti.La licenza conseguita dalla Scuola di arti liberali di Parma fu, per tutto l'undicesimo secolo, il miglior lasciapassare per accedere alla cancelleria imperiale. Si "laurearono" nella nostra città due dei maggiori collaboratori di Enrico III, Giberto Giberti e Anselmo il Peripatetico. L'attività di studio avveniva all'interno dell'Oppidum, il complesso di edifici realizzato attorno al Duomo e al palazzo vescovile. Gli studenti, che provenivano da ogni angolo d'Europa, avevano accesso alla fornitissima biblioteca del capitolo della cattedrale. Tuttavia, la vita della scuola era regolata dal Vescovo, cui competeva l'esclusiva del conferimento del diploma di dottorato. Il mondo accademico ruotò attorno alla sua figura, finchè non si affermò accanto alla autorità episcopale quella del Comune. La nuova istituzione diede il via ad una lenta opera di laicizzazione del centro di studi, ma il ruolo dell'uomo cui toccava la guida della vita religiosa della città restò sempre centrale. Per volontà dell'imperatore Ottone, era lui in depositario del diritto di rilasciare le licenze. Ciò lo rendeva intoccabile".