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Approfondimenti

Parma: spigolature

Inaugurazione del Teatro Farnese
Il teatro Farnese, così come l'imponente quanto incompiuto palazzo della Pilotta (chiamato così perché nel suo cortile i nobili si dilettavano col gioco della pelota), furono edificati sotto la reggenza di Ranuccio I dei Farnese; memorabile l'inaugurazione ufficiale del Teatro Farnese: "L'erede di Ranuccio nacque quando ancora si pensava che il ducato sarebbe passato ad Ottavio, l'illegittimo. Dalla madre ereditò l'obesità degli Aldobrandini. Dal padre prese poco: soprattutto, non assimilò la cautela nell'affrontare i fatti di politica internazionale. Nel 1628, il duchino poté governare in proprio, dando sfogo a tutte le bizzarrie del suo carattere. Nello stesso anno, sposò Margherita de' Medici, figlia del Granduca di Toscana Cosimo II. Come nelle migliori tradizioni di famiglia, il matrimonio fu al centro di imponenti manifestazioni di giubilo. Il teatro Farnese ospitò grandiose feste con musiche di Monteverdi, caroselli di cavalieri, inondazione delle scene. Degli spettacoli nuziali si parlò in tutta Italia".

Maria Luigia d'Austria arriva nel Ducato
"Il suo arrivo a Parma venne ritardato dalla scomparsa dell'imperatrice Ludovica. Il 19 aprile del 1816 entrò nei suoi stati attraversando il Po a Casalmaggiore su un ponte di barche lungo 363 metri e decorato sulla riva parmense da due grosse piramidi. Pernottò a Colorno e il giorno dopo faceva ingresso in città col suo cavaliere d'onore tra due ali di folla. Lei e Neipperg apparivano in piena forma, in appariscente, sfarzosa figura (la duchessa comunque notò che a renderle omaggio erano accorse molte persone malvestite e un nugolo di mendicanti, segnali di miseria non indifferenti). Dopo il solenne Te Deum attraversarono la piazza e raggiunsero il Palazzo Ducale tra lo scampanio di tutte le chiese. La Duchessa divenne rapidamente popolare tra gli abitanti. Infatti al carattere dolce della donna e al suo gradevole fascino, Neipperg aggiunse un governo che non agiva con mano pesante".

Parma e la musica: il mito di Verdi
Giuseppe Verdi nasce a Roncole di Busseto (Parma) il 10 ottobre 1813 e muore a Milano il 27 gennaio 1901. "Il 27 gennaio(1901) muore a Milano il nostro grande Giuseppe Verdi. Era nato a Roncole di Busseto il 10 ottobre 1813 da povera famiglia e in ambiente culturale molto povero. Con la tenacia tipica dei contadini della bassa, con il suo genio, si è fatto quasi da solo uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi. Risibile ci appare oggi il giudizio della commissione milanese davanti alla quale si era presentato nel 1832 per l'ammissione a quel Conservatorio: "Non sa suonare il cembalo, non imparerà mai; riuscirà mediocre...". Durante i moti del Risorgimeno il suo nome era diventato il simbolo dell'unità italiana. "Viva Verdi" si scriveva sui muri delle case e si gridava ad ogni occasione, nei teatri, nelle adunanze, sempre. E si voleva significare: "Viva Vittorio Emanuele Re d'Italia". Il 20 aprile 1872 aveva curato al Teatro Regio la prima rappresentazione italiana dell'Aida, una delle sue opere più amata dai parmigiani".

Lo sciopero agrario del 1908
Lo sciopero agrario ebbe luogo in Parma città e nelle campagne parmensi nei mesi di Marzo-Giugno 1908. "A mezzanotte del 30 aprile 1908, nel vasto cortile alberato di borgo delle Grazie, già sede di un convento di monache di Santa Teresa, Alceste De Ambris alle staffette pronte a partire, biciclette alla mano coi fanali a carburo, comunica: "Compagni! Il Comitato di Agitazione ha deciso di dichiarare la guerra". Le modalità dello sciopero sono chiare e semplici: tutti i lavoratori devono abbandonare stalle e campi; i mezzadri sono impegnati ad uno sciopero di solidarietà di tre giorni. Sul piazzale della stazione, già presidiato dalla cavalleria, dalla truppa, dalla polizia e dai carabinieri, si vanno ammassando gli operai e le donne che hanno disertato le fabbriche. Si grida, si canta, ci si comincia a spintonare. Vengono gettati nella mischia i "volontari lavoratori" (crumiri, assoldati per far fronte alla carenza di manodopera conseguente allo sciopero ndr.), che investono la gente a colpi di bastone. Si risponde lanciando sassi. E' l'inizio di una serie di tumulti che si protrarranno per tutta la giornata. Gli scontri più violenti si verificano in borgo del Naviglio e nell'Oltretorrente. Dai tetti tegole e sassi investono le forze di polizia e i Volontari Lavoratori che avanzano con la rivoltella in pugno. Il 24 giugno cessa lo sciopero in città. I Liberi Lavoratori possono essere avviati ai luoghi di lavoro. Si incrociano sul ponte Verde con i lavoratori di Parma in catene, avviati alla prigione. Di lì a qualche giorno anche lo sciopero nelle campagne finisce; per esaurimento. Il grande sciopero agrario del 1908, che nei giorni dello sciopero generale della cità vide schierarsi, uniti in una lotta comune, oltre 30 mila lavoratori, fu molto criticato, da ogni parte. I pochi centesimi d'aumento richiesti non furono concessi".

Le barricate del 1922
A Parma ci furono le barricate tra il 2 e il 7 Agosto del 1922. All'arrivo delle camicie nere a Parma, i cittadini, non difesi dalla forza pubblica, decisero per l'autodifesa: "Scrive Salvemini sul "Corriere della Sera" del 5 agosto 1922: "Uomini, donne, fanciulli, dei quartieri più popolari hanno disselciato le strade, rimosso i lastroni di granito dal marciapiede, ostruito i passaggi, spezzato le lampade dell'illuminazione pubblica". Si alzano le barricate in via Imbriani, piazzale Imbriani, borgo Pietro Cocconi, borgo delle Carra, borgo dei Salici, via Nino Bixio, via Benassi, via della Salute. Tutto l'Oltretorrente è chiuso come in un'isola. Nella Parma di là dal torrente viene fortificata e sbarrata dalle barricate tutta la zona di borgo del Naviglio. Malgrado le difficoltà e i pericoli, il collegamento fra le due zone fu sempre assicurato e continuo, effettuato in massima parte dalle donne. Al riparo dalle barricate entrano in funzione le cucine proletarie e i posti di medicazione. Le donne, sempre e ovunque presenti, curano la distribuzione dei viveri alle famiglie. Dopo cinque giorni di sparatoria quasi ininterrotta dall'una e dall'altra parte, la tutela dell'ordine pubblico viene assunta dall'esercito su ordine del Ministro dell'Interno. Alla sera del 6 agosto le barricate si aprono per lasciare passare le autoblinde della torretta tricolore e poi i soldati. La popolazione parmense aveva resistito 5 giorni agli oltre 20 mila fascisti con pochissime armi; nel quartiere Naviglio esattamente con 6 fucili e una ventina di rivoltelle. Eppure è stato detto e scritto che se tutte le città d'Italia avessero nel 1922 opposto la resistenza che offrì Parma con le sue barricate, il fascismo non sarebbe passato".